Quando si soffre di particolari dolori articolari come quelli che coinvolgono il ginocchio e l’anca ci si sente destabilizzati, insicuri, impossibilitati a compiere gesti quotidiani e basilari come camminare, salire le scale o persino sedersi. Il dolore va a condizionare la qualità della vita in maniera invasiva, ma ciò che è più grave, come ci ha spiegato il Dott. Flavio Carbone – si tratta di un chirurgo ortopedico che effettua interventi di protesi di ginocchio a Napoli e provincia – che abbiamo consultato per approfondire il tema delle ricostruzioni articolari, è che quasi sempre una volta avviato il processo degenerativo è irreversibile, e può solo peggiorare nel tempo. È vero, esistono dei rimedi meno invasivi come le terapie farmacologiche, le infiltrazioni articolari e anche pratiche quali la fisioterapia, la magnetoterapia o la Tecar terapia, ma molto spesso sono dei semplici palliativi che riescono a contenere temporaneamente il dolore ed arginare il degrado fisiologico dell’articolazione. A conti fatti, se si pensa che queste due articolazioni sostengono il peso corporeo, il problema deve essere affrontato in maniera definitiva e risolutiva con un’operazione di ricostruzione articolare che analizzeremo nel dettaglio, con una disamina delle procedure e dei benefici, in un successivo paragrafo. In via preliminare però riteniamo interessante approfondire le reali cause scatenanti del dolore generato da queste specifiche patologie.
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Da dove provengono i dolori articolari?
A meno che il dolore all’articolazione del ginocchio o a quella dell’anca (e nei casi peggiori, ad entrambe) non sia scatenato da specifici eventi traumatici, quasi sempre la sua genesi va ricercata nel deterioramento e nell’assottigliamento della cartilagine, un fenomeno fisiologico anche abbastanza comune con l’incedere dell’età, frequente nelle persone anziane che non riescono a camminare ma che può verificarsi anche per una naturale predisposizione e in età non troppo avanzata. Nella funzione di cuscinetto che facilita e rende fluido il movimento delle articolazioni, la rottura o riduzione di spessore della cartilagine fa smarrire tale effetto e le ossa tra loro vicine iniziano a toccarsi, a sfregare tra di loro ed infine a danneggiarsi fino a scatenare dolori a volte insopportabili. Giunge allora il momento di ricorrere con fiducia ad un consulto con un chirurgo ortopedico che porterà all’intervento di ricostruzione articolare con impianto di protesi, una procedura oggi molto meno invasiva e traumatica rispetto a pochi anni fa e che con la dovuta preparazione pre-operatoria da parte del chirurgo ortopedico che la effettuerà può essere affrontata dal paziente in maniera del tutto serena.
Intervento di ricostruzione articolare di ginocchio: cosa c’è da sapere
I passi da gigante compiuti dalla scienza medica applicata alla sala operatoria hanno innalzato la percentuale di totale successo degli interventi di ricostruzione articolare di ginocchio ben oltre il 95%. Il ripristino delle normali attività e della mobilità articolare sono completi, con un giovamento impagabile sulla qualità della vita che può riprendere a scorrere senza intoppi con un decorso post-operatorio rapido.
Come si effettua la ricostruzione articolare di ginocchio
La ricostruzione articolare di ginocchio è un tipo di intervento chirurgico che beneficia allo stato attuale dell’arte delle più avanzate tecniche di chirurgia mininvasiva, e viene quindi effettuato in artroscopia con piccole incisioni che rendono il tutto per nulla cruento e non vanno a traumatizzare la muscolatura. È soprattutto da questo vantaggio che deriva il rapido recupero, con una riabilitazione fisica che può iniziare nelle ore immediatamente successive all’intervento di impianto di protesi per recuperare la flessibilità e la mobilità dell’articolazione coinvolta.
Il recupero fisico
Tra i parametri fondamentali per un pieno e rapido recupero fisico dopo un simile intervento chirurgico ci sono la costanza dell’esercizio, la fiducia in sé stessi e nelle capacità del chirurgo, il supporto familiare e naturalmente una certa attenzione nel non sottoporre con troppo anticipo l’articolazione a stress o attività dal gravoso impatto. Un ruolo chiave è senza alcun dubbio quello ricoperto dal fisioterapista che con le sue doti umane e professionali riuscirà ad instaurare un rapporto empatico con il paziente, spronandolo giorno per giorno nell’esercizio e con un iniziale ausilio delle stampelle; il pieno recupero avviene in circa 40 giorni, e appena due mesi dopo l’intervento si potranno compiere attività quali il ballo, il nuoto, la guida, persino una corsa leggera e non traumatica o con forti sollecitazioni, ma con le dovute attenzioni ed accortezze del caso e sempre previo parere consultivo sia del fisioterapista che del chirurgo ortopedico.
Ci sono rischi?
Come qualsiasi intervento chirurgico, anche in questo caso esistono dei fattori di rischio che sono però estremamente ridotti a pochi casi isolati e con cause ben specifiche, il che pone il rapporto costi/benefici in totale preponderanza verso i secondi. Nei pochissimi e rari casi in cui questo intervento scatena delle complicazioni queste sono dovute a delle infezioni batteriche che hanno origine in altre zone dell’organismo ma vanno a coinvolgere la parte operata a causa del maggiore afflusso di sangue cui essa è soggetta. Altri possibili fattori di rischio sono dei coaguli di sangue o fenomeni di reazioni allergiche, ma questi ultimi due vengono in sostanza azzerati quando il medico compie un’attenta anamnesi sul paziente prima dell’intervento, indagando con cura su tutte le notizie che lo riguardano, sul suo stato di salute generale e su dettagliati esami ematici ed allergologici.
L’importanza della pianificazione operatoria
Il medico chirurgo Flavio Carbone al quale ci siamo rivolti, che concentra gran parte della sua attività proprio in una specializzazione nella chirurgia ortopedica traumatologica e di impianto di protesi o loro revisione, ha tenuto molto a puntualizzare che il successo di un intervento di tal tipo dipende soprattutto da una corretta pianificazione da effettuare caso per caso in base al paziente, al grado della sua patologia ed alle sue attitudini nonché caratteristiche fisiche. Nessun corpo umano è uguale all’altro e ogni piano di intervento per raggiungere il suo obiettivo di rinascita e di riguadagnata autonomia deve essere soggettivo e personalizzato.