L’ipnosi ericksoniana è un tipo di approccio psicoterapeutico che prevede la creazione di un rapporto di collaborazione e rispetto reciproci tra il paziente e il terapeuta. Il nome di questo metodo deriva da Milton Erickson, che ha condotto ricerche sull’ipnosi che hanno rappresentato una preziosa fonte di ispirazione sia per la programmazione neurolinguistica che per la terapia breve strategica.
Milton Erickson è stato uno psichiatra clinico e medico nel Novecento, che ha indagato il modo in cui l’ipnosi può essere utilizzata come strumento terapeutico. Il suo era un approccio positivo e naturalistico, fondato sulla convinzione che sia indispensabile accettare la situazione del paziente cercando nella sua storia esperienziale le risorse che occorrono per il cambiamento.
Con la trance ipnotica, poi, è possibile agire sulle risorse in questione, che vengono attinte dall’inconscio e riportate al proprio potenziale.
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Le caratteristiche dell’ipnosi ericksoniana
Si può definire l’ipnosi come un fenomeno psicologico, vale a dire il concretizzarsi dell’immaginazione creativa che viene guidata ad hoc in una particolare rappresentazione mentale. Erickson ebbe l’intuizione di pensare agli stati di trance non come ad eventi eccezionali, ma come a fenomeni che capitano a chiunque e che sono piuttosto comuni durante l’arco di un’intera giornata.
L’ipnosi ericksoniana, in particolare, giunge a una ridefinizione della relazione tra il paziente e il terapeuta, a differenza di quel che avviene nel rapporto terapeutico tipico dell’ipnosi classica, che si caratterizza per una evidente asimmetria che coinvolge un soggetto passivo e un ipnotista direttivo.
Le modalità di intervento
Per Erickson non ci può essere una sola modalità standard di intervento, vale a dire un protocollo standard e immodificabile a cui fare riferimento. A seconda dei casi, invece, l’ipnotista deve modificare il proprio modus operandi a seconda delle caratteristiche e dei bisogni del paziente, dopo aver individuato gli strumenti e le risorse di cui egli è già in possesso e che possono essere riattivati proprio grazie all’ipnosi.
Ma perché gli stati di trance secondo Erickson non sono un evento raro? Secondo lui, anche situazioni normali, come quando ci immergiamo nella lettura di un libro o ci astraiamo dalla realtà circostante mentre viaggiamo su un treno, sono esempi di trance.
Ecco perché il processo attraverso cui nel paziente viene indotta l’ipnosi non è da considerarsi un fenomeno eteroindotto ma diadico, risultato dell’interazione tra l’ipnoterapeuta e il paziente.
Come si arriva alla trance nell’ipnosi ericksoniana
Erickson raggiunge gli stati di trance del paziente usando la voce in modo particolare, riflettendo le posture del proprio interlocutore e attraverso un sapiente utilizzo dei modelli linguistici. Ne deriva, appunto, una trance ipnotica grazie a cui è possibile mettere in pratica un cambiamento terapeutico in maniera informale.
Il terapeuta presta attenzione allo stile comunicativo del paziente e lo rispecchia; ne scaturisce uno stato di trance ipnotica assolutamente naturale, attraverso il quale le risorse che si trovano nella mente del paziente (inconscia) possono essere potenziate.
La comprensione del problema
L’ipnosi ericksoniana si distingue dalla psicoterapia classica perché non analizza tutta la storia del paziente ma si focalizza sulla necessità di capire la forma attuale del problema del paziente, concentrandosi su quei sintomi da cui scaturiscono i disagi più significativi. Per questo motivo si può parlare di una terapia pragmatica, che si concentra sul presente e sul futuro, non sul passato. Mira al risultato e non analizza le origini più recondite del malessere, cercando invece di agire sulle sue manifestazioni più evidenti e immediate.
Ogni problema viene interpretato come una reazione a uno stimolo esterno; una reazione che, però, è disfunzionale e non adeguata. Non solo: nel momento in cui un problema viene risolto, si può innescare una reazione a catena che aiuta a liberarsi anche di altri disagi.
Il percorso terapeutico
Il percorso terapeutico e tutti i colloqui che ne fanno parte si fondano sulla convinzione che non si possa intervenire in modo “chirurgico” sulla complessità umana. Non si può mandare una persona in trance e convincerla che il problema non esista più: più che inutile, questo comportamento sarebbe addirittura pericoloso.
Ciascun problema rientra in un insieme di significati che la persona usa per interpretare se stessa e il mondo circostante. Se anche fosse possibile eliminare un disagio di tipo psicologico solo attraverso la forza di suggestione di un ipnotista, questa non sarebbe comunque una mossa intelligente, dal momento che taglierebbe preziose connessioni interne che il paziente probabilmente utilizzava per altre esigenze.
Il dialogo naturalistico
L’ipnosi ericksoniana prevede che il colloquio possa consistere in momenti di induzione ipnotica alternati a fasi di dialogo normale.
Nella maggior parte dei casi, comunque, esso è contraddistinto da un costante fluttuare tra stati di coscienza differenti che il terapeuta induce in maniera diretta o indiretta, con l’intento di dare vita a un contesto associativo fra il disagio evidenziato e ulteriori fattori che in precedenza non sono stati presi in considerazione.
La guarigione non è altro che un cambiamento, e vi si può arrivare solo in maniera consapevole; non è detto, comunque, che questa consapevolezza arrivi alla cosiddetta coscienza ordinaria, ma può rimanere confinata nella trance.
Ringraziamo la dott.ssa Montano specialista in ipnositerapia che ci ha fornito molte informazioni preziose e utili per la redazione di questo articolo.
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